VITAMIN C AND RISK OF CORONARY HEART DISEASE IN WOMEN

Organian SK, Stampfer MJ, Rimm E et al.
J Am Coll Cardiol 2003; 42:246-252


Una nuova analisi dal data base del Nurses' Health Study ha dimostrato che le donne che riportano un maggiore apporto di vitamina C hanno un 27% di rischio più basso per le malattie cardiache (CHD), rispetto alle altre donne; il beneficio sembra limitato alla assunzione di vitamina C come integratore alimentare.
Secondo gli Autori del lavoro pubblicato a metà luglio sulla rivista Journal of American College of Cardiology, modeste quantità di integratori di vitamina C potrebbero ridurre il rischio di CHD, anche se i loro risultati non possono fornire un'evidenza conclusiva per un ruolo protettivo della vitamina, nè non si può escludere la possibilità che l'associazione possa essere dovuta a qualche altre caratteristica salutare presente nelle donne che assumono più vitamina C. Poiché altri studi non hanno osservato questa associazione, prima di intraprendere qualsiasi azione a livello di sanità pubblica, è indispensabile avere i risultati da uno trial clinico randomizzato ben disegnato.
Studi precedenti avevano mostrato come l'assunzione di vitamina C da sola o in combinazione con vitamina E o beta-carotene rendesse il colesterolo LDL meno prono all'ossidazione, reazione che lo trasforma in composti più aterogeni. Osservazioni epidemiologiche depongono a favore di un lieve effetto di riduzione del rischio di CHD derivato da una supplementazione in vitamina C, ma principalmente in popolazioni non ben nutrite, con apporti vitaminici scarsi o nulli.
Questa nuova analisi effettuata sul database del Nurses' Health Study, uno studio osservazionale in corso dal 1980, ha valutato nei questionari di 85.118 donne l'aspetto nutrizionale, in particolare il loro consumo di vitamina C e di altri micronutrienti. Durante gli oltre 16 anni di follow-up si sono verificati 1.365 casi incidenti di CHD (infarto miocardio non fatale e CHD fatale).
L'assunzione mediana giornaliera di vitamina C era di 70 mg nel quintile più basso e di 704 mg in quello più alto (valore raccomandato per le donne 75 mg/die).
Dopo correzione per età, fumo e altri fattori di rischio, è stata osservata una modesta e significativa associazione inversa tra assunzione totale di vitamina C e rischio di CHD. Tuttavia, tra le donne che non facevano uso di integratori multivitaminici o a base di sola viatamina C, l'associazione era "debole e non significativa. Confrontando le utilizzatrici con le non utilizzatrici si è osservata una riduzione del 28% del rischio di CHD (RR 0,72; IC 95% 0,61-0,86). Sebbene la durata dell'esposizione o la dose non modificano sostanzialmente questo effetto, esso è in qualche modo più forte nelle donne che assumono almeno 400 mg/die di vitamina.
Nell'editoriale che ha accompagnato questa pubblicazione, Frei si domanda se, dopo le controversie sui possibili effetti benefici della vitamina E e del beta-carotene ed i deludenti risultati in prevenzione secondaria, la vitamina C possa essere un valido strumento per sostenere il ruolo cardioprotettivo delle vitamine antiossidanti. Anche se i risultati dello studio sono incoraggianti, prima di effettuare un trial randomizzato, controllato con placebo, per valutare gli effetti della vitamina C, devono essere chiariti almeno due aspetti: la dose più efficace e se i benefici sono ottenibili solo in prevenzione primaria (come del resto suggerisce questo studio) o anche in secondaria, specialmente se la vitamina è assunta in combinazione con una terapia farmacologica per le CHD.
Tuttavia, mentre un trial di prevenzione secondaria può essere realizzato, è improponibile, perché troppo costoso e di difficile gestione, un trial di prevenzione primaria.
L'editore conclude che una dieta ed uno stile di vita sani riducono il rischio di CHD e che il consiglio di assumente integratori multivitaminici/multiminerali, e anche la vitamina C, possa essere ritenuto ragionevole.