Talidomide
è sempre più prescritta come trattamento per il cancro,
grazie alle sue proprietà immunomodulatorie: il farmaco è
oggi un trattamento di prima scelta per il mieloma multiplo, in combinazione
con desametasone, e per questo l'utilizzo clinico di talidomide sta notevolmente
aumentando. Accanto alla teratogenicità, i suoi maggiori effetti
collaterali includono vertigini, neuropatia periferica, sonnolenza, costipazione
ed eventi tromboembolici.
L'epatotossicità correlata all'uso di talidomide e lenalidomide
è stata riportata come effetto collaterale raro ma grave. Questo
effetto tossico è scarsamente descritto in letteratura, probabilmente
a causa di casi non riportati o non univocamente riconosciuti. Finora,
l'epatotossicità indotta da talidomide è stata riportata
in un unico caso che non aveva evidenze di patologie epatiche.
Si descrive un caso di grave epatotossicità in seguito a trattamento
con talidomide e si riporta una breve revisione della letteratura in merito
a questo effetto collaterale raro ma grave.
Una donna caucasica di 36 anni riportava perdita di peso, dolore alle
ossa e lesioni litiche ossee multiple. L'analisi ha rivelato anemia, gammopatia
monoclonale con IgAk (livelli di paraproteina
39 g/L) con drastica riduzione dei livelli di immunoglobuline. La biopsia
del midollo osseo ha mostrato il 60% di plasmacellule clonali, compatibili
con un mieloma multiplo allo stadio IIIA. Oltre a questi risultati, le
funzioni epatiche e renali erano normali e la donna non mostrava altre
alterazioni biochimiche correlate ad una patologia sottostante.
La paziente ha iniziato il trattamento con talidomide (100 mg/die, portati
a 200 mg/die dopo 7 giorni) e desametasone (40 mg/die per 4 giorni ogni
15 giorni) con dalteparina come profilassi per il tromboembolismo venoso.
Il trattamento era ben tollerato e non associato ad effetti collaterali
dovuti all'uso di questi due farmaci. Alla quinta settimana di terapia,
la pazienti è stata ospedalizzata per la terapia del dolore. Le
valutazioni di laboratorio rivelavano evidenti anomalie nella funzionalità
epatica, con elevati livelli di AST e ALT (15 e 30 volte il limite superiore
di normalità, rispettivamente). Il sonogramma epatico non mostrava
infezioni acute da epatite A, B o C.
Talidomide è stata considerata l'agente causale di questo danno
epatico ed è stata interrotta. La funzionalità del fegato
si è ristabilita e normalizzata entro 20 giorni dalla sospensione.
Perciò l'associazione temporale tra inizio della terapia, danno
epatico e rapida risoluzione della tossicità al fegato con l'interruzione
del farmaco supportava chiaramente l'ipotesi di epatotossicità
indotta da talidomide. Non è stata effettuata biopsia epatica,
in quanto l'innalzamento delle transaminasi si è risolto rapidamente
dopo la sospensione del farmaco.
Gli autori hanno rilevato solo tre case report di epatotossicità
da talidomide in letteratura e un caso di tossicità da lenalidonide
riportato più recentemente. La tossicità epatica grave indotta
da talidomide era stata descritta in precedenza in pazienti con epatite,
steatoepatite non alcolica e in un soggetto con funzionalità epatica
e renale normali. L'esatto meccanismo di questa tossicità al fegato
resta sconosciuto.
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