LA COMBINAZIONE DI ANTICOAGULANTI E ANTIAGGREGANTI AUMENTA IL RISCHIO DI PERFORAZIONE INTESTINALE



Fonte: Schering-Plough. Settembre 2009


Presentati al congresso annuale della European Society of Cardiology i risultati di un'indagine pan-europea, secondo cui i pazienti con sindrome coronarica acuta in terapia antiaggregante orale sono ancora a rischio di eventi cardiaci. La maggioranza dei cardiologi ritiene che il 40 per cento di questi pazienti possa essere vulnerabile nonostante la terapia. Lo confermano i risultati di un'indagine condotta in Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna.

Secondo una nuova indagine che ha coinvolto cardiologi dall'Europa Occidentale, quasi l'unanimità degli intervistati (96%) è concorde nel ritenere che i pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) in terapia antiaggregante piastrinica orale (aspirina e aspirina più inibitori del recettore adenosina difosfato, come clopidogrel) abbiano ancora un rischio significativamente elevato di incorrere in un nuovo evento cardiovascolare fatale, come infarto o ictus. Secondo la maggioranza dei cardiologi intervistati, infatti, potrebbe essere a rischio fino al 40 per cento di questi pazienti.
Ogni anno muoiono per malattia coronarica circa 7,2 milioni persone nel mondo: è la più comune causa di morte in Europa e negli Stati Uniti. La sindrome coronarica acuta non è altro che una complicanza molto comune della malattia, capace di mettere in serio pericolo la vita del paziente. Studi clinici mostrano che, negli Stati Uniti, circa un paziente su tre dimesso dall'ospedale dopo un evento coronarico viene nuovamente ricoverato nell'arco di sei mesi.
I risultati dell'indagine condotta da Harris Interactive, che ha visto coinvolti 500 cardiologi in Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna, sono stati presentati oggi al congresso annuale della European Society of Cardiology (ESC), la società scientifica che raggruppa i professionisti della cardiologia internazionale, attualmente in corso a Barcellona, in Spagna.
"Se da un lato questi risultati confermano che i cardiologi in tutta l'Europa Occidentale utilizzano abitualmente le terapie antiaggreganti orali per proteggere i propri pazienti con SCA da nuovi eventi, dall'altro mettono anche in luce il bisogno di trattamenti maggiormente efficaci" ha commentato Frans Van de Werf, cardiologo del Dipartimento di Cardiologia dell'Università di Lovanio, in Belgio. "Inoltre, benché vi sia un'ampia consapevolezza del rischio residuo cui questi pazienti sono esposti, quando si guardano i dati dei più importanti trial clinici in materia di SCA appare evidente che il rischio immediato può essere decisamente superiore a quanto stimato dalla maggior parte dei medici" (4,5,6).
Nonostante il 90 per cento dei cardiologi intervistati concordi sul fatto che gli antiaggreganti piastrinici rappresentino la terapia standard, il 79 per cento afferma che alcuni pazienti vanno incontro a nuovi eventi cardiovascolari per via della scarsa risposta al trattamento. Tre cardiologi su quattro sono in parte o del tutto convinti che gli eventi emorragici rappresentino uno degli svantaggi della terapia antiaggregante orale nel trattamento della sindrome coronarica acuta.
L'indagine ha anche rivelato che l'87 per cento dei medici intervistati opterebbe per una terapia orale innovativa che non comporti un incremento del rischio di emorragie maggiori.
"Le malattie cardiovascolari rimangono la principale causa di morte nel mondo e, nonostante i progressi degli ultimi anni in materia di terapie, i risultati di questa indagine riflettono le preoccupazioni quotidiane dei cardiologi nei Paesi interessati" ha dichiarato Jose L. Zamorano Gomez, professore di cardiologia all'Università Complutense, di Madrid. "Esiste un ampio bisogno da parte dei medici che ancora non viene soddisfatto: quella di una terapia antiaggregante orale efficace ma che non comporti un ulteriore rischio di sanguinamento".
Questa indagine pan-europea è stata preceduta da un'analoga ricerca su 300 cardiologi statunitensi condotta nel marzo 2009, i cui risultati sono stati pubblicati in esclusiva da TheHeart.org lo scorso giugno. Entrambe le indagini sono state sponsorizzate da Schering-Plough Corporation.
Gli studiosi hanno esaminato i dati di 78.084 pazienti, di età compresa tra 60 e 99 anni. Al 30% circa di questi soggetti era stata prescritta una combinazione di 2 o 3 farmaci; le combinazioni comprendevano:
1) anticoagulante + antipiastrinico (ACAP);
2) Aspirina + antiaggregante piastrinico (ASAP);
3) Aspirina + anticoagulante (ASAC);
4) Aspirina + anticoagulante + antiaggregante piastrinico (TRIP).
La prescrizione di questi farmaci riguardava pazienti con una storia di infarto del miocardio, ictus o malattia vascolare periferica. Entro un anno dall'assunzione di questi farmaci, 1.061 sono andati incontro a un evento del tratto gastrointestinale superiore, come sanguinamento o perforazione. I pazienti a cui erano state prescritte, le combinazioni ASAP e ASAC presentavano una probabilità 2,5 volte maggiore di soffrire di un evento gastrointestinale superiore; la minore incidenza di questi eventi si è avuta tra i pazienti che assumevano ACAP. I pazienti trattati con la combinazione TRIP hanno presentato un aumento del rischio di 4 volte di eventi gastrointestinali del tratto superiore. I più giovani pazienti (età compresa tra 60 e 69 anni) erano quelli a più alto rischio, per il fatto che assumevano maggiormente la triplice terapia (Aspirina + anticoagulante + antiaggregante piastrinico) a causa di una storia di ictus, diabete e malattia arteriosa periferica.
I risultati americani sono disponibili on line.

Il disegno dell'indagine

L'indagine demoscopica pan-europea "Cardiovascular Unmet Medical Needs", condotta online, ha visto coinvolti 500 cardiologi in cinque Paesi: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna. L'indagine è stata realizzata da Harris Interactive per conto di Schering-Plough Corporation, dal 29 giugno al 10 luglio 2009. I criteri di inclusione nell'indagine prevedevano che i cardiologi svolgessero l'attività medica nei rispettivi Paesi di provenienza; che si autoqualificassero come specialisti cardiologi; che visitassero almeno 20 pazienti a settimana; che vedessero almeno cinque pazienti a settimana con SCA e angina instabile, infarto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST o tratto ST non modificato (ad eccezione della Francia dove il numero di pazienti richiesto era pari a tre); che prescrivessero almeno cinque terapie antiaggreganti al mese a pazienti affetti da SCA con angina instabile e infarto del miocardio con tratto ST non modificato; e dedicassero almeno la metà del loro tempo alla cura dei pazienti. Non è possibile stimare l'eventuale margine di errore teorico (a causa dell'autoselezione del campione). È disponibile la descrizione metodologica completa.