Secondo
una nuova indagine che ha coinvolto cardiologi dall'Europa Occidentale,
quasi l'unanimità degli intervistati (96%) è concorde nel
ritenere che i pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) in terapia
antiaggregante piastrinica orale (aspirina e aspirina più inibitori
del recettore adenosina difosfato, come clopidogrel) abbiano ancora un
rischio significativamente elevato di incorrere in un nuovo evento cardiovascolare
fatale, come infarto o ictus. Secondo la maggioranza dei cardiologi intervistati,
infatti, potrebbe essere a rischio fino al 40 per cento di questi pazienti.
Ogni anno muoiono per malattia coronarica circa 7,2 milioni persone nel
mondo: è la più comune causa di morte in Europa e negli
Stati Uniti. La sindrome coronarica acuta non è altro che una complicanza
molto comune della malattia, capace di mettere in serio pericolo la vita
del paziente. Studi clinici mostrano che, negli Stati Uniti, circa un
paziente su tre dimesso dall'ospedale dopo un evento coronarico viene
nuovamente ricoverato nell'arco di sei mesi.
I risultati dell'indagine condotta da Harris Interactive, che ha
visto coinvolti 500 cardiologi in Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia
e Spagna, sono stati presentati oggi al congresso annuale della European
Society of Cardiology (ESC), la società scientifica che raggruppa
i professionisti della cardiologia internazionale, attualmente in corso
a Barcellona, in Spagna.
"Se da un lato questi risultati confermano che i cardiologi in tutta
l'Europa Occidentale utilizzano abitualmente le terapie antiaggreganti
orali per proteggere i propri pazienti con SCA da nuovi eventi, dall'altro
mettono anche in luce il bisogno di trattamenti maggiormente efficaci"
ha commentato Frans Van de Werf, cardiologo del Dipartimento di Cardiologia
dell'Università di Lovanio, in Belgio. "Inoltre, benché
vi sia un'ampia consapevolezza del rischio residuo cui questi pazienti
sono esposti, quando si guardano i dati dei più importanti trial
clinici in materia di SCA appare evidente che il rischio immediato può
essere decisamente superiore a quanto stimato dalla maggior parte dei
medici" (4,5,6).
Nonostante il 90 per cento dei cardiologi intervistati concordi sul fatto
che gli antiaggreganti piastrinici rappresentino la terapia standard,
il 79 per cento afferma che alcuni pazienti vanno incontro a nuovi eventi
cardiovascolari per via della scarsa risposta al trattamento. Tre cardiologi
su quattro sono in parte o del tutto convinti che gli eventi emorragici
rappresentino uno degli svantaggi della terapia antiaggregante orale nel
trattamento della sindrome coronarica acuta.
L'indagine ha anche rivelato che l'87 per cento dei medici intervistati
opterebbe per una terapia orale innovativa che non comporti un incremento
del rischio di emorragie maggiori.
"Le malattie cardiovascolari rimangono la principale causa di morte
nel mondo e, nonostante i progressi degli ultimi anni in materia di terapie,
i risultati di questa indagine riflettono le preoccupazioni quotidiane
dei cardiologi nei Paesi interessati" ha dichiarato Jose L. Zamorano
Gomez, professore di cardiologia all'Università Complutense, di
Madrid. "Esiste un ampio bisogno da parte dei medici che ancora non
viene soddisfatto: quella di una terapia antiaggregante orale efficace
ma che non comporti un ulteriore rischio di sanguinamento".
Questa indagine pan-europea è stata preceduta da un'analoga ricerca
su 300 cardiologi statunitensi condotta nel marzo 2009, i cui risultati
sono stati pubblicati in esclusiva da TheHeart.org lo scorso giugno. Entrambe
le indagini sono state sponsorizzate da Schering-Plough Corporation.
Gli studiosi hanno esaminato i dati di 78.084 pazienti, di età
compresa tra 60 e 99 anni. Al 30% circa di questi soggetti era stata prescritta
una combinazione di 2 o 3 farmaci; le combinazioni comprendevano:
1) anticoagulante + antipiastrinico (ACAP);
2) Aspirina + antiaggregante piastrinico (ASAP);
3) Aspirina + anticoagulante (ASAC);
4) Aspirina + anticoagulante + antiaggregante piastrinico (TRIP).
La prescrizione di questi farmaci riguardava pazienti con una storia di
infarto del miocardio, ictus o malattia vascolare periferica. Entro un
anno dall'assunzione di questi farmaci, 1.061 sono andati incontro a un
evento del tratto gastrointestinale superiore, come sanguinamento o perforazione.
I pazienti a cui erano state prescritte, le combinazioni ASAP e ASAC presentavano
una probabilità 2,5 volte maggiore di soffrire di un evento gastrointestinale
superiore; la minore incidenza di questi eventi si è avuta tra
i pazienti che assumevano ACAP. I pazienti trattati con la combinazione
TRIP hanno presentato un aumento del rischio di 4 volte di eventi gastrointestinali
del tratto superiore. I più giovani pazienti (età compresa
tra 60 e 69 anni) erano quelli a più alto rischio, per il fatto
che assumevano maggiormente la triplice terapia (Aspirina + anticoagulante
+ antiaggregante piastrinico) a causa di una storia di ictus, diabete
e malattia arteriosa periferica.
I risultati americani sono disponibili on
line.
Il disegno dell'indagine
L'indagine demoscopica pan-europea "Cardiovascular Unmet Medical
Needs", condotta online, ha visto coinvolti 500 cardiologi in cinque
Paesi: Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna. L'indagine è
stata realizzata da Harris Interactive per conto di Schering-Plough Corporation,
dal 29 giugno al 10 luglio 2009. I criteri di inclusione nell'indagine
prevedevano che i cardiologi svolgessero l'attività medica nei
rispettivi Paesi di provenienza; che si autoqualificassero come specialisti
cardiologi; che visitassero almeno 20 pazienti a settimana; che vedessero
almeno cinque pazienti a settimana con SCA e angina instabile, infarto
del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST o tratto ST non modificato
(ad eccezione della Francia dove il numero di pazienti richiesto era pari
a tre); che prescrivessero almeno cinque terapie antiaggreganti al mese
a pazienti affetti da SCA con angina instabile e infarto del miocardio
con tratto ST non modificato; e dedicassero almeno la metà del
loro tempo alla cura dei pazienti. Non è possibile stimare l'eventuale
margine di errore teorico (a causa dell'autoselezione del campione). È
disponibile la descrizione metodologica completa.
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