RIASSUNTO
Una donna di 86 anni con storia di malattia cardiovascolare e fibrillazione
atriale in terapia con warfarin è stata ricoverata in pronto soccorso
in seguito a intossicazione autoinflitta con warfarin, come conseguenza
di un episodio confusionale in cui la paziente aveva assunto un numero
imprecisato di compresse di warfarin.
La paziente giunge al pronto soccorso dopo circa 12 ore l'evento con un
valore di PK-INR pari a 2,2. Inizialmente si avvia un trattamento con
OCPLEX (fattore II, VII, IX, X, proteina C e proteina S) e vitamina K.
Durante i primi 8 giorni di ricovero la paziente riceve vitamina K alla
dose di 20 mg al giorno per via endovenosa stabilizzando così il
PK-INR sul valore di 2,2. Il nono giorno alla paziente non è somministrata
nessuna dose di vitamina K e il PK-INR sale fino a 4,16, determinando
la necessità di reintrodurre la somministrazione di vitamina K.
La dose di mantenimento con cui la paziente era in trattamento con warfarin
era bassa (5-7,5 mg per settimana). Tale evidenza portava a sospettare
una ridotta capacità di eliminazione di warfarin a causa di un
polimorfismo genetico. Studi sul genotipo della paziente hanno poi confermato
che il polimorfismo CYP2C9*3*3 era la causa della ridotta clearance di
warfarin. Basse dosi di mantenimento di warfarin sono state descritte
anche per altri pazienti con il medesimo polimorfismo.
25 giorni dopo
l'intossicazione con warfarin il PK-INR della
paziente restava ancora elevato (1,4), nonostante fosse in atto una terapia
giornaliera con vitamina K.
S-warfarin, l'enantiomero
più potente di
warfarin racemo, è metabolizzato dall'enzima CYP2C9 e un polimorfismo
nel gene che codifica per tale enzima può determinare una ridotta
clearance. In pazienti omozigoti per CYP2C9*3 si è notato che la
clearance di warfarin può ridursi anche fino al 90%, il che corrisponderebbe
ad un aumento di 10 volte della normale emivita di warfarin (18-35 ore).
In base alla conoscenza degli autori questo è il primo report relativo
a una autointossicazione con warfarin, avvenuta in un soggetto con un
genotipo CYP2C9 che predispone ad una lenta eliminazione di warfarin.
Il lungo periodo di degenza osservato nel caso della paziente oggetto
del presente case report, nonostante un trattamento giornaliero con vitamina
K, suggerisce l'importanza di effettuare l'analisi del genotipo CYP2C9
per meglio determinare la giusta durata del monitoraggio clinico.
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