RIASSUNTO
CONTESTO Studi precedenti hanno valutato l'associazione tra l'uso
degli inibitori di pompa protonica (PPI) e il conseguente rischio di fratture,
ma hanno mostrato risultati controversi. Nell'ottica di valutare ulteriormente
questi dati contrastanti, l'obiettivo di questo lavoro è stato
di studiare l'associazione tra utilizzo di PPI e rischio di fratture ad
anca/femore nella popolazione olandese non utilizzata negli studi precedenti.
METODI È stato condotto uno studio caso-controllo usando
i dati forniti dal PHARMO record linkage system olandese. La popolazione
in studio includeva 6763 casi di età >=18 anni con una prima
frattura ad anca/femore durante l'arruolamento e 26.341 controlli, appaiati
per età, genere e regione.
RISULTATI Gli utilizzatori correnti di PPI avevano un maggior rischio
di fratture ad anca/femore, con un odds ratio aggiustato (AOR) di 1,20
(IC 95% 1,04-1,40). Il rischio di fratture diminuiva con l'aumentare della
durata di utilizzo di tali farmaci, con un AOR di 1,26 (IC 95% 0,94-1,68)
nei primi tre mesi, 1,31 (0,97-1,75) tra 3 e 12 mesi, 1,18 (0,92-1,52)
tra 13 e 36 mesi e 1,09 (0,81-1,47) per più di 36 mesi.
CONCLUSIONI I risultati mostrano come probabilmente non ci sia
nesso di causalità tra uso di PPI e rischio di fratture. L'associazione
osservata in precedenza può essere il risultato di distorsioni
non misurate: sebbene l'uso corrente di PPI fosse correlato a un aumento
di 1,2 volte del rischio di fratture ad anca/femore, l'associazione positiva
diminuiva all'aumentare della durata del periodo di assunzione di tali
farmaci. Questi risultati non supportano il fatto che l'interruzione di
PPI diminuisca il rischio di frattura dell'anca nei pazienti anziani.
|