S. Seshadri,
A. Beiser, J. Selhub, P. F. Jacques, I. H. Rosenberg, R. B. D'agostino,
P. W.F. Wilson P. A. Wolf
The New England Journal of Medicine 2002; 346: 476-83.
RIASSUNTO
PREMESSA In studi cross-sectional, elevati livelli di omocisteina
sono stati associati a problemi cognitivi e demenza. Sono necessari
studi in cui la demenza viene diagnosticata ex-novo per stabilire se
livelli elevati di omocisteina possano predire l'insorgenza della demenza
o se sono conseguenti a deficit nutrizionali e vitaminici correlati
a questa patologia.
METODI Il campione preso in esame, selezionato dallo studio di
Framingham, era costituito da 1092 soggetti senza demenza (667 donne
e 425 uomini; età media 76 anni). Si è valutata la correlazione
tra i livelli di omocisteina plasmatici misurati al basale e 8 anni
prima di una diagnosi ex-novo di demenza nel corso del follow-up. È
stata utilizzata l'analisi multivariata di COX, aggiustata per età,
sesso, genotipo dell'apoE, altri fattori di rischio oltre all'omocisteina,
e livelli plasmatici di folato, vitamina B12 e B6.
RISULTATI Nel periodo di follow-up di circa 8 anni (mediana),
la demenza si è sviluppata in 111 soggetti, inclusi 83 con diagnosi
di Alzheimer. All'analisi multivariata aggiustata, il rischio relativo
di demenza era 1,4 (IC 95%: 1,1-1,9) per ogni incremento di 1 DS (deviazione
standard) dei valori di omocisteina nella scala logaritmica sia al basale
che a 8 anni. Il rischio relativo di Alzheimer era 1,8 (IC 95%: 1,3-2,5)
per l'aumento di 1 DS al basale e 1,6 (IC 95%: 1,2-2,1) per l'incremento
di 1 DS a 8 anni. Con un livello di omocisteina plasmatica più
alta di 14 micromol/L il rischio di Alzheimer era quasi raddoppiato.
CONCLUSIONI un aumento del livello di omocisteina plasmatica
è un potente fattore di rischio indipendente per lo sviluppo
di demenza e di malattia di Alzheimer.
COMMENTO
Dai
dati dello studio di Framingham è emerso che livelli plasmatici
aumentati di omocisteina correlano con lo sviluppo futuro di demenza
e di malattia di Alzheimer. I livelli plasmatici di omocisteina sono
fattori di rischio indipendenti nella malattia vascolare e giocano un
ruolo importante nella malattia coronarica, nell'aterosclerosi della
carotide e nell'ictus ed i soggetti colpiti da queste patologie hanno
un aumentato rischio di incorrere nella malattia di Alzheimer.
L'iperomocisteinemia è stata correlata a microangiopatia cerebrale,
disfunzione endoteliale, alterata attività dell'ossido nitrico
e aumentato stress ossidativi, tutti fattori associati ad invecchiamento
cerebrale. Un aumento delle concentrazioni di acido omocisteico, un
agonista del recettore del N-metil-D-aspartato e metabolita dell'omocisteina,
potrebbe risultare in citotosicità neuronale. L'omocisteina promuove
gli effetti tossici mediati dal rame e dal peptide beta-amiloide nelle
culture cellulari neuronali e induce apoptosi nei neuroni ippocampali
di ratto.
Studi precedenti, disegnati allo scopo di valutare il legame dell'omocisteina
con i disordini cognitivi, non hanno trovato alcuna correlazione; infatti
i cambiamenti dei livelli plasmatici di omocisteina possono anche essere
dovuti a deficienze nutrizionali o dietetiche che a loro volta potrebbero
portare a diminuzione delle funzioni cognitive.
Nel presente studio, Seshadri e coll. hanno valutato i livelli di omocisteina
in due momenti differenti, separati tra loro di 8 anni in 1092 soggetti
della coorte originale di Framingham. 111 hanno sviluppato demenza con
un calo delle funzioni cognitive e ad 83 di questi è stata diagnosticata
la malattia di Alzheimer.
La forza dello studio si basa sul disegno prospettico, su un campione
ampio di soggetti, su un lungo periodo di follow-up e sulla disponibilità
dei livelli basali di omocisteina, di vitamine B e altre covariate.
Una limitazione è invece legata alla ampia prevalenza di soggetti
di razza bianca nella coorte.
Gli effetti dell'aumento dell'omocisteinemia osservati sulla demenza
non possono essere sottovalutati, particolarmente quelli derivanti dall'iperomocisteinemia.
L'ampiezza di questa azione è simile all'ampiezza dell'aumento
del rischio di morte per cause cardiovascolari e ictus, associato ad
un aumento della stessa entità dei livelli nel plasma di questo
fattore.
Sicuramente l'associazione dei livelli di omocisteina con il rischio
di sviluppare successivamente demenza e l'assenza di qualsiasi associazione
con i livelli di vitamina B suggerisce, ma non prova che questo parametro
promuova direttamente in qualche modo l'insorgenza della malattia di
Alzheimer e di altre forme di demenza e pone le basi per futuri studi
volti a valutare gli effetti del folato e delle vitamine B e di altre
possibili terapie per queste malattie neurologiche.
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