NUOVI RISULTATI SUI BENEFICI DELLA TERAPIA CON FIBRATI



Due studi pubblicati di recente forniscono supporto all'idea che i fibrati siano particolarmente utili nei pazienti con sindromi insulino-resistenti, quali diabete e sindrome metabolica. I due studi, un follow-up di 18 anni dell'Helsinki Heart Study ed un trial di bezafibrato nella prevenzione dell'insulino-resistenza, sono stati pubblicati su Archives of Internal Medicine di aprile 2006.
I risultati a 18 anni dell'Helsinki Heart Study mostrano che i pazienti nel gruppo originalmente trattato con gemfibrozil avevano un rischio di mortalità CHD più basso del 23% rispetto a quelli in placebo. La riduzione diventava molto consistente (71% per la mortalità CHD e 33% per la mortalità per tutte le cause) per i pazienti appartenenti ai terzili più alti di indice di massa corporea e di trigliceridi. Gli autori affermano che l'effetto positivo sulla mortalità CHD è più evidente quando la terapia con il fibrato viene iniziata nell'intervallo di età 40-47, rispetto ad un inizio 5 anni più tardi (48-57). Analisi di sottogruppo dimostrano che i pazienti con dislipidemia correlata a sindrome metabolica beneficiano in modo particolare di un trattamento in età precoce.
L'altro studio è una nuova analisi del trial Bezafibrate Infarction Prevention (BIP), la quale evidenzia come il trattamento con bezafibrato attenui il peggioramento dell'insulino-resistenza che si verifica nei due anni di follow-up nei pazienti trattati con placebo (34,4% di aumento degli indici omeostatici di insulino-resistenza vs 6,6% di modificazione non significativa dello stesso parametro con il fibrato).
Nell'editoriale che accompagnava le due pubblicazioni la Dott.ssa Bloomfield si domanda quale ruolo possano avere i fibrati nell'era delle statine. Recentemente l'interesse verso questa classe di farmaci si è ridestato per varie ragioni:
1. I risultati del trial VA-HIT, pubblicati nel 1999, hanno dimostrato per la prima volta come l'abbassamento dei livelli di trigliceridi e l'aumento di quelli del colesterolo HDL indotti da gemfibrozil riducano gli eventi cardiovascolari maggiori, anche senza modificare il colesterolo LDL. Questa osservazione è particolarmente importante nell'ottica dell'aumento drammatico di obesità, diabete e sindrome metabolica, condizioni associate a bassi livelli di HDL e alti di trigliceridi e alla presenza di particelle LDL piccole e dense, profilo lipidico verso cui i fibrati sembrano essere particolarmente indicati.
2. E' stato scoperto che i fibrati sono ligandi dei recettori nucleari PPAR che regolano l'espressione dei geni coinvolti nel metabolismo glucidico e lipidico, infiammazione e funzionalità endoteliale.
3. La combinazione di statine e fibrati, specialmente nei pazienti con basso HDL e elevati trigliceridi, potrebbe ridurre ulteriormente mortalità e morbilità cardiovascolare.
I due studi supportano l'ipotesi che i pazienti insulino-resistenti possano ricevere i maggiori benefici da una terapia con fibrati. Questi farmaci sembrerebbero particolarmente indicati per contrastare uno o più determinanti della sindrome metabolica (basso HDL, alti trigliceridi, obesità, intolleranza al glucosio, insulino-resistenza). Questa evidenza è consistente con osservazioni precedenti sul farmaco che si è dimostrato in grado di rallentare la progressione da intolleranza glucidica a diabete.
L'editoriale prende anche in considerazione i risultati del recente studio FIELD di fenofibrato vs placebo in pazienti diabetici che hanno mostrato una riduzione non significativa dell'11% dell'end point primario di morte CHD o infarto miocardico. Il relativo alto uso di statine nel gruppo placebo potrebbe spiegare queste evidenze negative.
A questo punto la questione più importante da chiarire è se l'aggiunta di fibrati alla terapia con statine è sicura e riduce ulteriormente gli eventi CV rispetto alle statine da sole; questa strategia viene testata in uno studio in corso, il trial ACCORD, con cui dovrebbero emergere nuovi usi cliniche dei fibrati, poiché del loro potenziale quali agonisti PPAR è già stato esplorato esaurientemente.

GEMFIBROZIL IN THE TREATMENT OF DYSLIPIDEMIA. AN 18-YEAR MORTALITY FOLLOW-UP OF THE HELSINKI HEART STUDY
Tenkanen L, Manttari M, Kovanen PT, et al.
Arch Intern Med 2006; 166:743-748

ABSTRACT
BACKGROUND The Helsinki Heart Study was a double-blind, placebo-controlled primary prevention trial among 4081 dyslipidemic middle-aged men to test the efficacy of gemfibrozil in the prevention of coronary heart disease (CHD). After the 5-year trial, the participants were notified of their treatment group and invited to continue or start gemfibrozil therapy free of charge through 1995. Approximately two thirds of participants in both groups chose gemfibrozil therapy. In this 18-year follow-up through 2000, we compared the CHD, cancer, and all-cause mortality among subjects in the original gemfibrozil (OG) group (n = 2046) with those in the original placebo (OP) group (n = 2035).
METHODS To provide an overview of the absolute risks in the 2 treatment groups as well as risk differences between them, we calculated crude mortality rates and presented Kaplan-Meier plots of survival with log-rank tests. We also estimated the relative risks (RRs) using Cox proportional hazards models with and without covariates.
RESULTS During the follow-up until 1995, subjects in the OG group had a 32% lower RR of CHD mortality (P = .03) compared with those in the OP group, and when followed up until 2000, the RR was 23% lower (P = .05). Overall, there were no differences in all-cause or cancer mortality. However, those in the OG group with both body mass index and triglyceride level in the highest tertiles had a 71% lower RR of CHD mortality (P<.001), a 33% lower RR of all-cause mortality (P = .03), and a 36% lower RR of cancer mortality (P = .22) compared with those in the OP group.
CONCLUSION Long-term mortality follow-up showed that patients with dyslipidemia benefited from beginning treatment with gemfibrozil early, especially if their dyslipidemia entailed factors related to the metabolic syndrome.

ATTENUATION OF PROGRESSION OF INSULIN RESISTANCE IN PATIENTS WITH CORONARY ARTERY DISEASE BY BEZAFIBRATE.
Tenenbaum A, Fisman EZ, Boyko V, et al.
Arch Intern Med 2006; 166:737-741

ABSTRACT
BACKGROUND Development of insulin resistance (IR) may be important in the pathogenesis of both metabolic syndrome and type 2 diabetes mellitus. Few data are available regarding the short-term efficacy of the peroxisome proliferator-activated receptor ligand bezafibrate on IR, and its long-term effect is unknown. The present analysis aimed to investigate the effect of bezafibrate on IR in patients with coronary artery disease enrolled in the Bezafibrate Infarction Prevention Study.
METHODS Metabolic and inflammatory parameters were analyzed from stored frozen plasma samples obtained from patients who completed a 2-year, randomized, double-blind, placebo-controlled study. The homeostatic indexes of IR (HOMA-IRs) were calculated according to the homeostasis model of assessment.
RESULTS Both the patients taking bezafibrate (n = 1262) and those taking placebo (n = 1242) displayed similar baseline characteristics. The HOMA-IRs significantly correlated at baseline and during follow-up with glucose (r = 0.35 and 0.31, respectively) and triglycerides (r = 0.16 and 0.19, respectively). In a subgroup of 351 patients with diabetes, HOMA-IR at baseline was 88% higher than in their counterparts with normal glucose levels (P<.001). In the placebo group, during follow-up there was a significant 34.4% rise in HOMA-IR. In contrast, in the bezafibrate group there was only a nonsignificant 6.6% change in HOMA-IR. The intergroup differences in percentage changes of HOMA-IR were in favor of bezafibrate (P<.001).
CONCLUSIONS In patients with coronary artery disease enrolled in our study, as represented by the placebo group, HOMA-IR increased over time. During the 2 years of the follow-up, bezafibrate significantly attenuated this process.